12/07/11

Da Lynch a Wallace (senza parlarsi mai), di Nino G. D'Attis

Nei primi giorni del 1996, mentre Lynch sta girando Strade perdute, lo scrittore David Foster Wallace riesce ad essere ammesso sul set losangelino per tre giorni (dall'8 al 10 gennaio). L'idea è quella di scrivere un lungo report per la rivista di cinema Premiere, successivamente incluso nella raccolta di saggi Tennis, tv, trigonometria, tornado (e altre cose divertenti che non farò mai più) pubblicata in Italia da Minimum Fax nel 1999 nella bella traduzione di Christian Raimo e Martina Testa. Il titolo dell'articolo, diviso in diciassette veloci capitoli, è David Lynch non perde la testa. Neanche a dirlo, una lettura consigliatissima. Interessante e spassoso, omaggio più che esplicito a quel 'gonzo journalism' inventato un paio di decenni prima da Hunter S. Thompson, il pezzo mette insieme le impressioni a caldo di un fan ed una serie di acute riflessioni sul lavoro del cineasta, dei suoi più stretti collaboratori, del rapporto tra Lynch e l'industria cinematografica. Chiunque abbia una certa familiarità con la prosa dell'autore di Brevi interviste con uomini schifosi e Infinite Jest sa che anche in veste di critico Wallace è uno schianto, una penna formidabile ricca di humour ("La prima volta che mi capita di buttare un occhio su David Lynch in persona sul set del suo film, sta pisciando contro un albero") e totalmente priva di approcci convenzionali alla materia trattata. Dichiarandosi immediatamente estraneo alle regole del mestiere dell'inviato, Wallace non intralcia i lavori in corso tentando di strappare un'intervista al regista. Non invade i suoi spazi, non pone domande e confessa addirittura di essersi avvicinato di rado a meno di un metro e mezzo da lui. Parla invece (e tanto) dell'atmosfera del set, degli attori e dei personaggi della pellicola (Patricia Arquette e la sua inseparabile controfigura; Balthazar Getty odioso scroccone), dei 37 possibili modi "in cui sembra che Strade perdute si possa interpretare". Il risultato è, per il lettore, una singolare visita guidata tra Griffith Park, West L.A., dove si girano gli esterni e la sala di montaggio della Asymmetrical Productions. Più che un ritratto di Lynch in senso stretto, emergono squarci dell'universo lynchiano, tutti i frammenti raccolti passeggiando tra la troupe, le roulottes, le attrezzature messe a disposizione dalla produzione. Istantanee dai luoghi che Lynch fa suoi ("Griffith Park, anche se è un posto molto bello, di una bellezza disseccata e lunare, si rivela essere un luogo per le riprese assolutamente lynchiano […]"), oppure di macchinisti, elettricisti, costumiste, assistenti alla produzione: la gente all'opera su Strade perdute, il personale al servizio di David Lynch. Particolare illuminante: il diciassettesimo capitolo è intitolato L'unica parte di questo articolo che è davvero in qualche modo "dietro le quinte".

Tennis, tv, trigonometria, tornado

e altre cose divertenti che non farò mai più
(A Supposedly Fun Thing I'll Never Do Again)
Minimum Fax, pp. 317 - maggio 1999, € 13,94

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